A cosa pensiamo quando siamo dal dentista

Luca Vitali, ottobre 2023

 

Ora sono qui a casa e va tutto bene, non c’è niente di preoccupante e non è successo niente di grave, mi fanno solo un po’ male le gengive ma questo è normale e ora mi faccio gli sciacqui con il curasept come mi ha detto lei, non devo mangiare nulla per un paio d’ore e va bene così, comunque devo pensare a come organizzarmi perché il nuovo appuntamento con lei è per giovedì della prossima settimana e il cell sta continuando a squillare da un’ora buona ma io non rispondo non si sa mai, anzi ora lo spengo e lo tengo spento fino a giovedì è la cosa migliore da fare, niente whatsapp e niente sms e stacco anche il telefono fisso così posso dire ma io non ho ricevuto nessun messaggio il cell mi è caduto e ha perso qualche funzione e io non me ne sono accorto, comunque l’appuntamento era oggi e allora io sono venuto. Così gli dirò e sarà tutto chiarito e non ci saranno problemi, ho pure già pagato tutto quello che dovevo pagare e allora non possono dirmi niente. Magari è meglio se non esco da casa per qualche giorno, se non riescono a telefonarmi o si accorgono che non ho letto gli sms potrebbero venire a cercarmi, allora è meglio se non rispondo al citofono e mi faccio portare la spesa a casa, sì facciamo così e poi tanto si chiarisce tutto alla visita e tutto ritorna normale come prima.

Io mi ero già accorto di qualcosa al primo appuntamento, solo che ero tutto concentrato sul dolore che stavo per provare, avevo paura e la paura mi aveva fatto venire un gran mal di testa e allora non ho fatto caso ai suoi movimenti. Pensavo solo a quello che stava per succedere nella mia bocca, a quei ferri che avrebbero scavato impietosi nelle mie gengive e a tutto il sangue che avrei sputato subito dopo. C’era questa dentista sopra di me con una mascherina sanitaria che nascondeva quasi tutto il viso, casacca e cuffia celesti, lei mi teneva la bocca spalancata senza prestare la minima attenzione ai miei gemiti di fastidio, infilando ora una pinza, ora una sonda o un coltellino appuntito.

Un po’ per la paura un po’ per la luce abbagliante puntata su di me, io tenevo gli occhi chiusi. Quando li aprivo trovavo sempre il suo sguardo a pochi centimetri dal viso, uno sguardo serio, concentrato, lo sguardo di una persona che sa quello che sta facendo. Ora, non è una cosa che capita tutti i giorni, una persona interessata a te che ti guarda con attenzione e per tanto tempo a 15, 20 centimetri di distanza dal tuo viso. Gli occhi mi guardavano ed erano grandi e scuri, le sopracciglia sottili e nerissime.
Mi piaceva quello che vedevo.

– Abbiamo quasi finito per oggi, ora può rilassarsi. Io pensavo che fossimo ancora alle fasi iniziali e quindi la bella notizia è arrivata inaspettata, seguita subito dopo dalla riflessione: ma il dolore? Quando c’era stato il dolore? Perché non c’era stata nessuna tremenda stilettata sulle mie gengive?

Io avevo sentito fastidio, anche molto fastidio, ma non avevo mai provato quelle fitte acute, insopportabili che avevo temuto per giorni e che non mi avevano fatto dormire la notte. Evidentemente quel gel che mi aveva applicato all’inizio aveva funzionato, brava dentista.
Così oggi sono arrivato molto più rilassato, senza le angosce che mi avevano accompagnato al primo incontro. Questa volta volevo prestare più attenzione alla dentista e ai suoi gesti, volevo aprire gli occhi più spesso e cercare l’incontro con quello sguardo così vicino e così intenso che mi aveva impressionato e turbato, così TROPPO vicino e così TROPPO intenso.

Comincio subito a notare i movimenti delle sue mani, che la paura mi aveva impedito di registrare la volta passata. Soprattutto mi attirano i momenti in cui c’è un contatto fisico, i momenti in cui le sue dita mi toccano, mi sfiorano, palpano, premono. È strano, provo come un piccolo brivido ad ogni contatto e, quando quello si interrompe, rimango in attesa ansiosa del contatto successivo. Le dita mi premono un labbro per permettere all’ablatore di rimuovere il tartaro e lo fanno con straordinaria delicatezza. Insistono caute e con garbo su un punto infiammato della gengiva per valutare i danni. La mano si posa sulla mia testa per guidarla nella posizione più favorevole al lavoro, gentile, leggera. E io sento che lo sguardo ipnotico che mi sovrasta è cosciente del suo potere, in questo momento, è consapevole dell’imbarazzo che provo ad ogni piccolo contatto fisico, prigioniero nella poltrona, con coltellini affilati che continuano a entrare e uscire dalla mia bocca spalancata.

Insomma, a me quella di oggi è sembrata una situazione facile da comprendere, chiarissima per chiunque abbia un minimo di intuizione e di sensibilità. Barbara (avevo letto il nome nel cartellino sul camice) ha voluto comunicare con me durante le due sedute con le carezze camuffate, con i gesti così intimi, con quelle dita magiche che sfiorano il mio viso e la mia anima. Senza usare parole (perché non ce n’è bisogno in quei momenti) mi ha fatto capire che è attratta da me, che mi desidera, che è pronta a concedersi, che è pronta ad… amarmi, sì anche ad amarmi se io condividessi la sua passione.
Buone notizie per lei, abbiamo finito anche la seconda arcata.

E allora l’ho fatto. Mi sono alzato dalla poltrona, rivoli di sudore lungo la schiena e la bocca ancora dolorante, il cuore pieno di battiti violenti. Ho toccato delicatamente la sua schiena mentre era concentrata sul computer, lei si è girata di scatto e l’ho vista per la prima volta senza mascherina, era bellissima, aveva lo sguardo perplesso ma non ne sono sicuro perché subito l’ho abbracciata e l’ho baciata teneramente per farle capire che la sua passione era anche la mia passione, che ero pronto ad amare e ad essere amato, ma lei a quel punto forse mi ha frainteso perché ha cominciato a respingermi con forza e il suo viso si allontanava e le labbra erano serrate ma non tanto perché nello stesso momento cercava di urlare qualcosa che non ho capito e sembrava che mi insultasse e intanto chiedeva aiuto e gridava gridava gridava e allora ho preso le mie cose e sono scappato via mentre altre persone stavano entrando nella stanza e credo di aver fatto cadere anche una ragazza con il camice che era nel corridoio ma non mi sono fermato.

Ora sono a casa e, come ho già detto, secondo me non è successo niente di grave. Giovedì prossimo le spiegherò con calma la situazione e anche Barbara concorderà che si è trattato solo di un piccolo malinteso senza importanza. Magari si renderà conto che la sua reazione è stata un po’ esagerata, che non è il caso di gridare aiuto se un innamorato vuole baciarti. Magari potrebbe anche scusarsi con voce sommessa, sì, potrebbe, in quel caso io accetterò le sue scuse e la inviterò a uscire la sera stessa. Perché io già la amo.

Immagine di pikisuperstar</a> su Freepik

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