La prima pagina della mia vita
Amedeo Rollo, maggio 2025

A scuola, l’etichetta di “somara” mi si appiccicò addosso come un’ombra. Otto anni e le parole restavano un enigma, una colpa attribuita alla mia presunta indolenza, a una pigrizia infantile di fronte ai libri. Poi, una voce inattesa: dislessia, una parola sconosciuta ai più tra i maestri di quella scuola, sussurrata da una supplente illuminata.
Fui indirizzata da una logopedista, ma la frustrazione, il peso di sentirmi inadeguata, paralizzarono ogni tentativo di progresso. Presto rifiutai quel percorso, condannandomi a un mondo di lettere danzanti, inafferrabili e soprattutto senza significato.
Il diploma di terza media fu una vetta ardua, scalata con tenacia e un insperato aiuto da numeri e sport, inaspettati alleati.
A sedici anni, il profumo dei cosmetici divenne il mio pane quotidiano in una profumeria del centro. I primi guadagni, una piccola autonomia che alleggeriva il bilancio familiare, un minuscolo riscatto. L’adolescenza scivolò via senza traumi profondi, anche se l’ombra dell’analfabetismo funzionale mi costringeva a silenzi imbarazzati tra coetanei, i cui discorsi erano intessuti di trame e personaggi letterari a me preclusi.
Vagabondai tra lavoretti occasionali e brevi amori senza alcuna importanza. A ventisei anni, un incontro cambiò la rotta: mio marito. Due anni dopo, un “sì” pronunciato con la promessa di un futuro. Poi, la dolce attesa.
La notizia mi inondò di gioia, il desiderio di maternità era un fuoco che covava da tempo. Ma la felicità si incrinò presto, lasciando spazio a un’angosciante consapevolezza: come potevo allevare un figlio se non sapevo leggere?
Fu mio marito, con la sua fiducia incrollabile, ad indicarmi una via d’uscita. Mi affidai a Pina, una logopedista giovane ed entusiasta. E così, al culmine della gravidanza, accadde. Riuscii a leggere. Il mio primo libro: “Penna vagabonda”.
Non fu una festa abbagliante, nessun miracolo improvviso. Piuttosto, una quieta, profonda meraviglia. Le parole, finalmente, avevano trovato un ritmo, un senso compiuto. Iniziai a capire che leggere non è solo decifrare i segni, è avere accesso a pensieri che non sono i tuoi, ad esperienze che non vivrai mai, a domande che non ti eri mai posta.
Da quel giorno, non mi sono più fermata. La lettura è diventata un balsamo per la solitudine interiore, un filo invisibile che mi lega al mondo e a me stessa. E ogni sera, la voce che culla il sonno di mia figlia Anna con le favole che le leggo, è la prova più dolce e tangibile di questa mia ritrovata serenità.
Immagine di ChatGPT